INCHIESTA: LA SOTTILE LINEA ROSSO SANGUE
Chi denuncia muore …suicida!
Nella terza puntata di questa inchiesta si cercherà di dare più spunti di riflessione circa alcuni di quegli eventi che, come descritto nella precedente puntata del 11.02.2021, (https://www.carlochiariglione.com/2021/02/11/esercito-italiano-la-morte-del-caporal-maggiore-chierotti-tragica-casualita-sfortuna/), potrebbero esser rimasti senza vaglio da parte delle Autorità militari, tra le quali il Comando della Brigata Alpina Taurinense e il Comando Truppe Alpine, alle quali erano state più volte formalmente sottoposte.
Come rappresentato nella prima puntata del 02.02.2021 (https://www.carlochiariglione.com/2021/02/02/cosa-accade-nellesercito-la-sottile-linea-rosso-sangue-chi-denuncia-muore-suicida/), si vuole capire se quanto più volte denunciato dall’Associazione Assomilitari sia veritiero o solo diffamante falsità.
Detta Associazione ha dichiarato principalmente due realtà:
- Chi denuncia fatti e comportamenti irregolari perpetrati da personale in servizio nel Comparto Difesa e Sicurezza rischia di diventare vittima di ritorsioni;
- Certune denunce presentate alla propria catena di comando non sortiscono alcun vaglio per motivi che sembrerebbero non completamente finalizzanti al benessere delle Istituzioni.
La terza puntata è dedicata a questa seconda realtà.
III^ PUNTATA
ESERCITO ITALIANO – MANCATI VAGLI SU FORMALI DENUNCE E SEGNALAZIONI INOLTRATE LUNGO LA CATENA DI COMANDO: CASUALITA’, DISTRAZIONE, DOLO O RAZIONALE MODUS OPERANDI?
Negli anni la linea gerarchica, e in special modo, il Comando delle Truppe Alpine sembrerebbero essere state messe a conoscenza, in più momenti e in più modi, di tutta una serie di possibili situazioni e comportamenti illeciti potenzialmente perpetrati da personale in servizio in vari reparti.
A fronte di una copiosa, dettagliata, didascalica e formale documentazione messa a disposizione dell’Amministrazione militare sembrerebbero però mancare i relativi, dovuti, circostanziati e formali vagli.
Infatti, seppur più volte richiesti nei modi prescritti lungo la catena gerarchica da personale in servizio, nonché dal sodalizio Assomilitari (www.assomilitari.it), tali formali e decantati vagli non sono mai stati mostrati, ovvero non sembrerebbero esser presenti in alcun fascicolo.
Nel caso non fossero state effettuate tali analisi, sarebbe lecito chiedersi come mai l’Amministrazione, difronte a reiterate e formali denunce, non abbia intrapreso le dovute verifiche, ovvero, nel caso le avesse effettuate e fossero risultate infondate le accuse, sarebbe da chiedersi come mai difronte ad un possibile reiterato tentativo di diffamazione rivolta all’Istituzione militare e ad alcuni militari didascalicamente indicati, non abbia mai reputato idoneo avviare alcuna azione, special modo presso le A.G. competenti, al fine di fare desistere tale “possibile” azione illegittima.
Delle due l’una.
Un ulteriore dubbio che dovrebbe risultare logico e immediato è questo:
Perché i soggetti più volte indicati dai propri subordinati in maniera reiterata e formale negli anni come possibili rei di gravi comportamenti irregolari, non abbiano mai aperto nei confronti degli stessi alcun procedimento disciplinare, ovvero non abbiano mai presentato alcuna formale denuncia presso le Autorità Giudiziarie?
Incapacità normativa, scarso coraggio o paura di togliere il coperchio a “Pandora”?
Citiamo un primo esempio.
Nel settembre del 2018, presso un Reggimento Alpino presente sotto il Comando Truppe Alpine, venivano formalmente denunciati atti e comportamenti irregolari al Comandante di Corpo pro tempore, circa la presunta irregolare condotta tenuta dall’Ufficiale Addetto della Maggiorità e Personale (Magg. S.C.), in merito alla gestione di documenti relativi ad un procedimento disciplinare di corpo.
In breve, il Magg. S.C., che oltre a ricoprire la carica di Ufficiale Addetto al personale si occupa anche delle pratiche relative i procedimenti disciplinari (forse su “delega” del Comandante), il giorno in cui riceveva le memorie difensive da parte di due Graduati incolpati in un procedimento disciplinare di corpo per l’eventuale irrogazione della consegna di rigore, lasciava che soggetti terzi non aventi titolo (Cap. M.C. e il C.le Magg. Ca. Sc. V.P.), prendessero visione delle stesse.
La vicenda potrebbe non apparire così grave se non fosse che questi ultimi erano, uno il Comandante di compagnia dei due Graduati e l’altro, il segretario del Comandante di Reggimento, ovvero colui che aveva rilevato l’infrazione e relazionato al pro tempore comandante di corpo Col. E.F., come confermato da quest’ultimo.
Inoltre, cosa ancor più grave, i soggetti appena citati, immediatamente dopo aver appreso della redazione delle memorie difensive, hanno in più modi e tempi diversi cercato di far cambiare opinione ai Graduati incolpati, aumentando così la loro condizione di stress legata all’incertezza per la loro sorte professionale e umana, già elevata vista la situazione in atto. Ad esempio “invitandoli” a riformulare il contenuto delle memorie difensive, al fine di confermare le accuse a loro mosse senza muovere alcuna difesa, ovvero a nominare un difensore diverso da quello già scelto e formalmente incaricato poiché non allineato e simpatico al pro tempore Comandante di Reggimento Col. E.F..
In ultimo, il giorno precedente dello svolgimento del “processino di rigore” e prima che lo stesso avesse inizio, il Magg. S.C., lasciava che il Cap. M.C. e il C.le Magg. Ca. Sc. V.P. leggessero all’interno dell’ufficio legale del reparto, senza averne diritto, indisturbati e alla sua presenza, le ulteriori e definitive memorie difensive prodotte dai Graduati incolpati e dal loro rispettivo difensore militare C.le Magg. Ca. Sc. Q.S. C.C:.
Questo comportamento è, senza dubbio alcuno, in contrasto, lesivo e invalidante dell’azione difensiva dei soggetti inquisiti nonché del lavoro del difensore. Non solo e ancor peggio, tale comportamento tenuto dal Magg. S.C. nonché dal Cap. M.C. e il C.le Magg. Ca. Sc. V.P., oltre che all’etica dei professionisti (special modo chi ha promosso e permesso tale irregolarità), alle normative in materia di tutela dei dati personali, la c.d. Privacy, materia ben conosciuta dal Magg. S.C. visto il suo ruolo di “consulente legale” del reparto nonché autore di innumerevoli lezioni proprio sulla riservatezza e tutela dei “dati”, somministrate a tutto il personale del Reggimento.
E’ sicuramente rilevante constatare che la leggerezza e la serenità con la quale il Magg. S.C. abbia fatto accedere a “dati” riservati presso il proprio ufficio non siano un caso isolato.
Sembrerebbe, ad esempio, che fosse un’usanza ormai consolidata per il C.le Magg. Sc. Ca. V.P., ancora oggi ricoprente il medesimo incarico di segretario del Comandante di Reggimento, il poter entrare liberamente nell’ufficio del Magg. S.C. e visionare atti di suo piacimento ovvero ascoltare le conversazioni avvenute tra l’Ufficiale ed eventuali militari chiamati per motivi di servizio legali e/o disciplinari, quindi incontrovertibilmente riservati e privati, il tutto senza chiedere un preventivo assenso e senza ricevere obiezioni da nessuno, tanto meno dal Capo Sezione legale Magg. S.C. ivi presente e razionalmente sempre accondiscendente.
Di non poco conto due fatti.
I due Graduati si sono visti concludere il procedimento disciplinare senza alcuna sanzione, poiché ritenute tutte le accuse inconsistenti e false.
Il Comandante di Reggimento Col. E.F. si è rifiutato di procedere disciplinarmente verso la persona che aveva fatto instaurare tali procedimenti disciplinari attraverso accuse totalmente infondate, quindi, come dallo stesso Colonnello affermato, proprio il suo segretario C.le Magg. Ca. Sc. V.P..
Come anticipato in premessa, i fatti appena accennati sono stati oggetto di formale denuncia al Comandante della Brigata e al Comando Truppe Alpine, nonché al Comandante di Corpo pro tempore Col. M.O., nel frattempo succeduto al Col. E.F., il quale, rispettando i propri obblighi di ufficiale di polizia giudiziaria, ha trasmesso il tutto alla Procura Militare di Verona; quest’ultima ha poi archiviato il procedimento iscrivendo il fascicolo nel registro degli atti non costituenti reato militare.
Ora, secondo la guida tecnica “procedure disciplinari”, una condotta già esaminata dall’Autorità Giudiziaria, ancorché definita con un provvedimento di archiviazione, come nel caso in questione, dev’essere poi valutata anche dall’amministrazione dai cui dipende il militare coinvolto al fine di sanzionare quei comportamenti che anche non manifestamente reato sono contrari alle norme che regolano la vita militare (C.O.M. e Testo Unico), infatti nella guida citata si legge che“…attraverso il vaglio disciplinare di una condotta già esaminata dall’Autorità Giudiziaria, l’Amministrazione valuta la relazione tra i fatti emersi dal procedimento penale e le norme disciplinari dell’ordinamento militare al fine di stabilire se sussistano i presupposti per l’avvio di un procedimento disciplinare di stato (attraverso l’apertura di un’inchiesta formale) o, alternativamente (art. 1352, comma 2, c.o.m.), di corpo”.
Riepilogando, la Procura Militare archivia il procedimento, il Comandante di corpo deve procedere con il vaglio disciplinare entro un ragionevole termine.
Nel caso in questione invece, contrariamente alle disposizioni della guida tecnica, il Comandante di corpo Col. M.O., con manifesta volontarietà non procedeva ad alcun vaglio disciplinare se non a distanza di “molto tempo” (novembre 2019) e solo a seguito di reiterate e formali rimostranze (documentabili) esercitate in tal senso da un Graduato del reparto, C.le Magg. Ca. Sc. Q.S. C.C, già difensore militare nel procedimento sopra menzionato, e per giunta solo nei confronti dei due militari che avevano preso visione delle memorie difensive e non nei confronti del Magg. S.C. autore materiale della condotta illecita, ovvero aver ceduto e lasciato leggere il contenuto di documenti riservati che avrebbe invece dovuto tenere protetti da occhi indiscreti.
Da sottolineare poiché emblematico, oltre che grave, il fatto che i procedimenti disciplinari intrapresi dal pro tempore Comandante di ReggimentoCol. M.O. nei confronti del Cap. M.C. e del suo segretario C.le Magg. Ca. Sc. V.P., sono stati avviati inspiegabilmente con ingiustificabile ritardo, quasi a volerli inficiare ab origine attraverso il superamento dei tempi tecnici per l’apertura di un’azione disciplinare, realtà peraltro accaduta. Infatti, anche questi due militari, proprio per decorrenza dei termini, non hanno subito alcuna sanzione, mantenendo invero le posizioni e gli incarichi ricoperti, ovvero ricevendo formali gratifiche.
Quindi, al Magg. S.C., nonostante un comportamento palesemente irregolare, non gli veniva contestato assolutamente nulla!
Anzi, paradossalmente, nel periodo in esame, oltre ad essere lasciato anch’egli nello stesso incarico e con le medesime caratteristiche e modalità “operative”, avrebbe ricevuto anche diverse gratifiche dal Col. M.O. come ad esempio un Encomio Semplice.
Alcune domande sorgono spontanee:
- Perché il Col. E.F. ,dopo aver egli stesso confermato il comportamento irregolare e scorretto del suo segretario C.le Magg. Ca. Sc. V.P., non ha voluto procedere nei suoi confronti?
- Perché il Col. M.O., dopo aver riscontrato più volte formalmente egli stesso tali deprecabili e illeciti comportamenti, come dallo stesso formalmente dichiarato in una relazione, non abbia valutato alcuna azione disciplinare?
- Perché entrambi i Comandanti di Reggimento, Col. E.F. prima e Col. M.O. dopo, hanno mantenuto i soggetti nelle medesime posizioni, in special modo l’Ufficiale nel suo delicato incarico, per il quale, si ha diritto di accesso a dati istituzionali e privati dei militari e delle loro famiglie, riservati e sensibili?
- Perché l’attuale Comando di Reggimento, seppur informato di tutto, ha nuovamente mantenuto lo status quo?
Ad oggi, i soggetti sopra menzionati risulterebbero ancora ricoprenti i medesimi delicati incarichi, per i quali avrebbero accesso a gran parte della documentazione e delle informazioni private dei militari del Reparto e riservate e sensibili dell’Istituzione Militare.
Tali realtà poste in atto da militari in servizio e rivestiti di un elevato grado di comando, in parte già confermate dalla stessa Amministrazione militare, potrebbero rappresentare un incontrovertibile nocumento nei confronti dell’Amministrazione stessa, oltre che per il benessere di tutto il personale del reparto che attualmente vive un potenziale pericolo di violazione dei propri “dati” personali.
Per concludere, a fronte delle recenti compromissione di “dati” dell’Amministrazione militare perpetrate da un Ufficiale della Marina verso militari russi, dovrebbe nascere una domanda di non secondaria importanza.
Visto che gli atteggiamenti sopra citati, come confermato dalla stessa amministrazione, dimostrerebbero in maniera incontrovertibile un atteggiamento tenuto da vari soggetti militari “leggero” e non conforme alle norme riferibili alla gestione dei dati, ci si dovrebbe chiedere se la permanenza di tali soggetti in dette posizioni delicate, sia stato valutato con la doverosa attenzione dovuta all’Amministrazione stessa.
Tutto quanto sopra esposto, solo ad esempio, è stato messo più volte nelle conoscenze della catena di Comando e nello specifico, del Comando Reggimento, comando Brigata e infine e per reiterate e formali volte, del Comando delle Truppe Alpine.
Verso tutto ciò sembrerebbe non essere mai stati eseguiti formali e oggettivi vagli e relative azioni conseguenti.
Si dice sempre che “sia inutile, chiudere la stalla quando i buoi sono scappati”. Anche ora?
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